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Una riflessione partenopea sulla Passione


Di Roberta Verde


Nell’intricato reticolo di strade che caratterizza il cuore del centro storico della nostra città si erge, in Vico del Fico al Purgatorio 38, uno spazio raccolto e intimo. È il Teatro Instabile Napoli, una realtà artistica tutta partenopea fondata nel 1967 da Michele del Grosso ed oggi diretta e gestita da Gianni Sallustro. In questa suggestiva struttura dalla caratteristica forma ad anfiteatro è andato in scena lo scorso 28 marzo “E’ Vivo ancora - La Passione” un emozionante spettacolo realizzato dal Collettivo Artistico Vesuviano. La messa in scena ha unito sapientemente musica, canto, recitazione e ballo: uno spettacolo multisensoriale che ha coinvolto i cuori degli spettatori chiamati a riflettere sul complesso senso della “Passione”. Le trascinanti sonorità mediterranee hanno puntato l’attenzione sull’umanità del Cristo, sui dolori e sulle afflizioni degli ultimi, sulla difficoltà del mondo contemporaneo. Ed è proprio la grande vocazione religiosa del Sud, con le sue atmosfere mistiche e popolari, a rapire lo spettatore che resta letteralmente avvinto dalla performance di Caterina Potrandolfo (che ha proposto il Canto di Passione “All’aria, all’aria fatila passare”), artista lucana impegnata da anni in una personale ricerca artistica il cui fulcro è il canto di tradizione orale. Se la sua partecipazione si può considerare il punto più intenso e struggente dell’intero spettacolo, non sono da meno gli intermezzi recitati da Ivan Piccolo e da Francesca Morgante, le cui interpretazioni forniscono una prospettiva narrativa insolita (e molto umana) della Passione di Cristo. Il primo, nei panni dell’Apostolo Pietro, restituisce sapientemente tutta l’afflizione del pentimento mentre Francesca, impegnata nel non facile ruolo di Claudia Procula, moglie di Ponzio Pilato, evoca, grazie alle sue intense capacità recitative, quella capacità tutta femminile di assorbire il dolore e sopportare i pesi più grandi. La figura di Claudia e il racconto del suo sogno è menzionata solo nel Vangelo di Matteo («Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua» - Matteo 27,19) e molti storici hanno avanzato dubbi circa la sua vera esistenza. Se nelle parti recitate sono state le parole e gli sguardi ad ammaliare il pubblico, i danzatori Lucia Viglietti e Marco Protano hanno invece, attraverso le loro eteree corporeità, sottolineato l’intensità del sound portato in scena dal Collettivo. La loro danza, nonostante sia stata limitata dagli spazi angusti, si è espressa in un continuo e intimo intreccio fisico, che ha dato vita a pose plastiche che erano un evidente esplicito richiamo a celebri opere pittoriche; era possibile intravedere il patimento della Vergine Maria che caratterizza la Pietà di Annibale Carracci (1600 ca.) e la tumultuosa forza divina resa dal napoletano Luca Giordano nella sua Resurrezione (1665). Il successo della serata è stato suggellato dalla bravura del Collettivo Artistico Vesuviano, gruppo folk/pop popolare che sembra seguire con lo stesso entusiasmo le orme della Nuova Compagnia di Canto Popolare, anche se con un approccio più contemporaneo. Particolarmente interessanti le interpretazioni di Debora Sacco, giovane voce del panorama partenopeo da tenere d’occhio. I monologhi sono stati scritti da Fulvia Serpico, Debora Sacco, Ivan Piccolo e Mikele Buonocore, autore anche della musica e dei testi delle canzoni. La produzione è stata curata dall’Associazione Culturale “L’Arte si fa Madre” mentre la regia è dello stesso Collettivo.

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