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"La passione e le idee"

Il saggio di elevato valore storiografico di Giovanni Capurso.

Le tappe che hanno caratterizzato l’avvento del fascismo, dall’omicidio Di Vagno a quello di Matteotti

 


Di Fabio Gaudiosi

 

Giovanni Capurso torna nelle librerie con il suo nuovo saggio “La passione e le idee”, edito da Progedit (14,00 euro), attraverso il quale ricostruisce le tappe che hanno caratterizzato l’avvento del fascismo, dall’omicidio di Giuseppe Di Vagno fino alla morte di Giacomo Matteotti. Ciò che conferisce però particolare valore all’opera è che l’autore svolga questa analisi alla luce dell’esperienza pugliese, mettendo in evidenza la centralità e l’effervescenza politica di una regione che viene poco spesso menzionata nei libri di storia che trattano di questo periodo. In Puglia emerge un esempio paradigmatico di ciò che il fascismo ha significato, con le sue premesse e le sue conseguenze, in un momento in cui il Paese versava in uno stato di estrema delicatezza: Mussolini seppe infatti raccogliere i cocci di uno Stato in crisi, tanto politicamente quanto dal punto di vista sociale; sfruttando l’irrimediabile debolezza in cui questo versava, usò la violenza per imporre il proprio volere, senza avere di fronte un’opposizione stabile e unita che fosse realmente capace di porre resistenza. Giovanni Capurso ha dunque il merito di mettere in luce, con una forte propensione giornalistica, tutti questi elementi, restituendoci un saggio di elevato valore storiografico, senza tralasciare alcun dettaglio.

È necessario mettere in luce la peculiarità dello stile narrativo scelto dall’autore, che alterna articoli di giornali ed estratti di lettere per rendere ancora più autentica la sua ricostruzione. Questa scelta, senz’altro condivisibile e interessante sotto il profilo storico, attribuisce anche maggiore coinvolgimento al libro che, con i racconti e le riflessioni dei protagonisti di quell’epoca, tende ad emozionare il lettore, a cui viene restituito un resoconto innanzitutto umano: non si tratta di una fredda elencazione di momenti salienti, ma di un’attenta analisi di ciò che il fascismo ha significato nella vita delle persone.

Capurso ha il merito di procedere analizzando la questione sotto molteplici aspetti, cogliendo l’evoluzione del fenomeno fascista nelle varie dinamiche in cui si è presentato. Interessante è ad esempio l’analisi svolta in relazione al fenomeno sindacale nell’esperienza contadina, un esperimento mal riuscito in virtù di un approccio paternalistico, secondo cui ogni azione correttiva dovesse arrivare direttamente dallo Stato, replicando una tradizione lunga quanto la storia dell'Italia unita. Invece era necessario "rimuovere le cause del disagio economico, dell'indigenza tra le popolazioni meridionali, cioè valorizzare la terra. E la terra si valorizza distruggendo il latifondo per lo meno mediante l'enfiteusi obbligatoria", concedendo dunque la terra e le risorse a quanti fossero davvero interessati a sfruttarle, nonché attraverso l'istruzione tecnica e facilitando gli scambi col Nord e le esportazioni. Non sarebbe mai potuto sorgere nessun soggetto sociale politicamente ed economicamente maturo se non eliminando le cause dello stato di arretratezza delle masse del Mezzogiorno, "sì che al contadino si dia la possibilità della sicurezza del pane quotidiano e sì che possa sorgere una piccola borghesia agraria e indipendente".

L’autore mette in luce anche come sotto il profilo politico ci si pose dinanzi ad un significativo fenomeno di trasformismo, coinvolgendo anche personaggi pubblici di spicco dell’area liberale, che si aprirono così all’ideologia fascista. In questo quadro è importante rilevare l’apporto di Salandra che condivideva con i fascisti il medesimo obiettivo di arrestare la marea socialista. Fu un fatto assai notevole, scriverà Paolo Alatri, che Salandra, sotto il fascismo, nella sua posizione di “capo riconosciuto della Destra liberale e nazionale trovò in esso la possibilità di quella 'riscossa della borghesia' che si realizzava sotto l'etichetta non solo antidemocratica ma anche apertamente antiliberale. Il salandrismo rappresentò allora la riscossa borghese in forma sovversiva”.

Furono pochi gli uomini che mantennero una coerenza dal punto di vista politico e ideologico, pagando a caro prezzo le conseguenze delle loro scelte, spesso con l’intervento diretto e legittimante del governo. Con estrema chiarezza Capurso ricostruisce infatti la vicenda del delitto Matteotti, rendendo con testimonianze dirette l’importanza di quel momento storico, che segnò il definitivo passaggio dallo Stato liberale alla dittatura. Dinanzi alla richiesta dell’esponente socialista di poter parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente!, si arrivò alla decisione di porre fine alla sua vita, venendo questi così trucidato il 10 giugno 1924. Lo stesso Salandra, ormai marginalizzato, si espresse con parole dure in Parlamento condannando i metodi squadristi, chiedendo al governo di dire agli italiani, a tutti gli italiani che non si uccide, che non si aggredisce, che non si bastona, che non si invadono le case, che non si brucia, che non si spara mai, neanche in aria; siate inesorabili contro chiunque non vi obbedisce; considerate come delitto ogni delitto, quel che sia la ragione; abbinate la pericolosa e falsa categoria del delitto politico, quand'anche sia delitto per fine nazionale. Ma ormai era troppo tardi. La dittatura era iniziata.

Leggere “La passione e le idee” di Giovanni Capurso consente di comprendere davvero l’avvento di un’epoca sconvolgente, complessa, aspra. La consapevolezza di ciò che è stato, di ciò che ha consentito al fascismo di imporsi nell’ordinamento, funge da monito al lettore, in una Storia che, ci ricorda l’autore, è sempre responsabilità di uomini; il titolo del saggio, infatti, ci riporta proprio al valore di un’idea, intesa a rappresentare un segnale di cambiamento, di opposizione, di ribellione nella lotta assurda contro l’inevitabile, perché a costo del sacrificio rimanga sempre nell’uomo quanto gli è di più prezioso: l’integrità.

 

 

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