Progetto e regia Eduardo Di Pietro al Piccolo Bellini di Napoli dal 2 al 7 maggio
di Rita Felerico
La storia di Italo Spinelli, operaio in pensione laureatosi in Filosofia all’età di 82 anni, ispira La misura, progetto ideato da Eduardo Di Pietro – che ne cura anche la compatta regia – e prodotto dal Collettivo lunAzione. Complessa la tematica con la quale si confronta Di Pietro e i giovani attori, sul palco con pochi elementi di scena ma soprattutto in compagnia di Italo, una marionetta ibrida a taglia umana.
Qual è la storia di Italo? Perdendo la moglie con la quale aveva vissuto per ben 52 anni, amandola come una vera compagna di vita, si ritrova, nei giorni lunghi che si susseguono inesorabili alla sua assenza, a porsi domande che ognuno di noi si chiede e si è chiesto nei momenti in cui ricerca il senso e il significato della vita e dei suoi accadimenti.
Studia Filosofia, Italo, per cercare le risposte alle sue domande: “La rivedrò?, dove è finita? O, ancora: “Ce l’abbiamo davvero un’anima?”. Con volontà e impegno, nonostante le difficoltà si laurea, ma ben presto comprende che non ci sono risposte precise da dare ai suoi interrogativi, comprende che gli interrogativi sono parte del nostro essere al mondo. Ciò che conta è l’aver capito che la scelta vincente che occorre compiere per superare paure, limiti ed andare oltre i nostri piccoli confini di uomini è il coraggio di misurarsi con il dolore e la finitezza dell’essere al mondo, che appartiene a noi e alle cose e a ciò che avviene. Un po’ come ha fatto Italo, nella sua disperata ricerca di risposte da opporre al vuoto e alla voragine del nulla.
Significativo l’intreccio della prosa e dell’azione drammaturgica con un teatro di marionetta (particolarmente bravo Marco Montecatino nell’animare e vestire la marionetta Italo); a momenti di riflessione si succedono momenti di tragica ironia, riportati anche da un linguaggio giovanile dove riecheggia il rap, nella musicalità delle parole e nei gesti a danza. Richiamo realizzato con raffinata sensibilità teatrale, che non rompe il ritmo linguistico ma che segna invece un significativo momento di unione fra un passato e un presente, fra un ieri e un oggi. I grandi interrogativi della vita sono di ogni tempo.
Si accavallano così per allineare il tempo storie e storie, quelle di Italo, quelle di Marco e di Martina Di Leva che in un primo momento sembra solo attraversare il palcoscenico o silenziosamente o nell’atto di arricchire lo spazio di oggetti; si scopre poi che in realtà taglia con la sua presenza la scena degli avvenimenti, sia quelli reali che quelli pensati. Perché donna mi chiedo? Molto probabile.
Come lontano da una logica di puro potere è così il richiamo all’amore per la conoscenza, per la bellezza del sapere, il sentimento positivo che deve accompagnarci durante il cammino dell’esistenza.
L’appello di Marco e Martina al pubblico perché lanci una parola di assenso e di condivisione che attenui i loro dubbi e la loro ansia di mettere a tacere l’inquietudine, si scioglie solo alla fine, negli applausi, che sono calorosi, anche per Barbara Veloce, madre della marionetta, per Tommy Grieco e la sua ritmata e armoniosa musica e per Andrea Iacopino, il disegnatore di luce.
Lo studio dello spettacolo ha vinto il bando (H)eartH - Ecosystem of art and theater, ha il sostegno di Teatri Associati di Napoli, Teatro Elicantropo, Teatro Bellini, Pim OFF, Teatro Civico 14 ed è stato finalista per il festival I Teatri del Sacro 2019.
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