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Il racconto di una gravidanza



Di Roberta Verde


Un utero. E tre spermatozoi che corrono verso una destinazione ignota. Così si apre Dall’altra parte 2+2=? scritto, diretto e interpretato da Emanuele D’Errico, giovane penna della drammaturgia napoletana. Lo spettacolo, andato in scena il 20 e il 21 aprile scorso al Teatro Nuovo, è la storia di una gravidanza trigemellare raccontata dall’atto della fecondazione fino alla nascita. Protagonisti tre fratelli eterozigoti, il cui rapporto nel corso dello sviluppo embrionale assume, man mano che il tempo passa, forme impreviste. L’opera prende ispirazione da alcuni studi condotti dalla neuroscienziata Marian Diamond, la quale ha dimostrato che il 50/75% dei neuroni viene perso durante la fase pre-natale e, nel corso della vita, si continuano progressivamente a perderne altri. Questa suggestione, unita ad un particolare momento personale, ha fatto nascere in D’Errico l’idea di una narrazione i cui confini spazio-temporali si racchiudono in un ventre meccanico, dal sapore fantascientifico, alquanto freddo e inospitale. I tre fratelli presentano, fin dalle prime battute, personalità ben definite, la cui peculiarità è decretata dai nomi attribuiti dai genitori: mentre Febo, epiteto della divinità greca Apollo, rappresenta il lato poetico della vita, Damiano, la cui etimologia deriva dal verbo greco δαμαω “domare”, è il volto cinico dell’esistenza, il fratello perfetto, convinto, grazie alle sue brillanti doti intellettive, di essere superiore agli altri. L’equilibrio tra i due opposti è costituito dal terzo fratello, Innocente, figura candida, elemento centrale della lunga corda di canapa (che rappresenta il cordone ombelicale) che tiene fisicamente legati i tre. Sarà proprio il più buono, colui che tenta durante tutta la gestazione di creare un rapporto affettivo con i fratelli, a subire un destino infausto; Innocente, infatti, non riuscirà a giungere alla fine della gravidanza. Una morte, la sua, che lascia spazio ad amare considerazioni. Nel suo complesso, l’opera riesce a dosare bene i diversi registri recitativi unendo a momenti ilari, passaggi emotivamente malinconici. Lo spettacolo ha una struttura molto fisica: i corpi dei tre interpreti sono in continuo movimento e vagano seguendo traiettorie ora verticali, ora orizzontali, ora diagonali. La spiccata fisicità della messa in scena viene accompagnata da una verbosità corposa, piena di termini forbiti e complesse formule aritmetiche che scandisce, con il suo progressivo ridursi a vagito, i mesi che passano e i neuroni che si perdono. Atipico è il “dialogo” che i tre creano con il mondo esterno, con cui il rapporto si riduce a quello che si crea fra dei viaggiatori (in questo caso, i tre fratelli) e una hostess (una sorta di ente indefinito che scandisce i mesi e risponde alle richieste dei tre). L’operazione condotta da D’Errico risulta molto interessante anche se in certi momenti perde un po’ di fluidità: la drammaturgia, seppur contemporanea, resta nei binari di una messa in scena classica e non vi sono trasgressioni incomprensibili. Probabilmente proprio con l’intento di porre l’accento sull’impoverimento neuronale, l’autore sottrae al racconto della gravidanza la sua dimensione affettiva e alcuni momenti appaiono eccessivamente asettici. Ottimamente interpretato da Francesco Roccasecca, Dario Rea e dallo stesso D’Errico (nei panni di Innocente), Dall’altra parte si avvale della suggestiva scenografia di Rosita Vallefuoco, delle morbide luci di Giuseppe Di Lorenzo, del coinvolgente sound di Tommy Grieco, dei particolari costumi di Giuseppe Avallone e delle maschere di Luca Arcamone. La voce fuori campo è di Clara Bocchino.

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