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"Cioccolata calda per due" di Nunzia Gionfriddo, edito da Phoenix


di Fabio Gaudiosi

“Cioccolata calda per due” è un libro di Nunzia Gionfriddo, edito da Phoenix in una versione aggiornata nel gennaio 2022 (16,00 euro, 214 pp.) e vincitore del Premio Milano International. A dispetto di quanto desumibile dal titolo, il romanzo si pone in realtà come scopo principale quello di approfondire gli orrori e i drammi avvenuti nella ex-Jugoslavia, attraverso il racconto dell’incontro tra una ricercatrice universitaria (Florinda) e un testimone diretto delle tragedie che dilaniarono quelle terre durante tutta la seconda metà del secolo scorso (Giovanni). Tra i due protagonisti, ormai avanzati negli anni, nasce un’affinità sempre maggiore, fino a sfociare in una delicata storia d’amore, dove i protagonisti si scoprono “senza fretta, senza la violenza dei vent’anni, ma con lo smarrimento della maturità”.


Insieme ripercorrono le esperienze che gli occhi blu “come l’acqua marina” di Giovanni hanno dovuto sopportare nello straziante esodo che lo portò via dalla sua terra. Un racconto non facile, dove lo stesso Giovanni mostra di soffrire ancora molto anche al solo ricordo di quei tempi; non a caso dopo il primo incontro Florinda lo paragona ad una di quelle giornate in cui si scorgono “nuvole nere e minacciose, tra le quali si infiltra un ridente raggio di sole, respinto subito dai neri nembi che si addensano gli uni sugli altri per non lasciarlo passare. Una lotta tra titani, la stessa lotta che le era parso stesse avvenendo nell’animo del suo interlocutore. Sentiva che in lui convivevano la voglia di raccontare e la riservatezza nei confronti della sua storia”. Attraverso un’opera di caratterizzazione dei protagonisti precisa e attenta da parte dell’autrice, questi finiscono per avvicinarsi sempre più tra di loro, rompendo i muri della timidezza e del riserbo e trovando nell’altro il rifugio dalle proprie solitudini. Due personaggi con passati molto diversi alle spalle ma accomunati entrambi dalla lontananza rispetto alle loro terre d’origine, che si avvicinano l’uno all’altro attraverso momenti semplici, come prendere una cioccolata calda seduti in un bar al centro di Roma, o tenersi mano nella mano camminando per le strade del proprio quartiere o in riva al mare. È così che il lettore si ritrova improvvisamente in uno dei racconti di Giovanni, dove il dramma della guerra viene condiviso dall’uomo quasi con un intento catartico, cercando di liberarsi finalmente dal peso angosciante della Storia (quella con la S maiuscola, come scrive l’autrice nell’introduzione) che il protagonista ha dovuto sostenere per tanto tempo sulle proprie spalle, senza avere avuto il coraggio di raccontarla prima neanche al figlio Darko, al quale, da quella Storia, è stata portata via la madre Svetlana.

Giovanni vede infatti in Florinda “la sonda del suo passato. Un passato che lo lacerava ancora” e che non poteva dimenticare di nuovo, non più.


Con parole mai banali o opprimenti, l’autrice riesce nell’arduo compito di descrivere il valore e il senso della vita nella società triestina nel secolo scorso, attraverso i ricordi di Giovanni, che racconta di come il nonno, all’indomani della prima guerra mondiale, avesse “allestito una piccola flotta mercantile che portava i prodotti italiani ai paesi che si affacciavano sull’Adriatico”, lasciando poi l’attività al padre, al quale però quelle stesse navi furono confiscate dal regime di Tito, obbligandolo a riscoprirsi traduttore per gli americani sopravvivere. Trieste, una città di frontiera, centro nevralgico del crocevia culturale ed economico che veniva e arrivava dall’Italia, si scoprì così improvvisamente derubata di quell’anima policroma, divenendo grigia e inospitale; dice infatti Giovanni che “in quel mese e mezzo le violenze contro la popolazione furono terribili e colpirono molti antifascisti che volevano il ritorno di Trieste all’Italia”, costringendo lo stesso protagonista a rifugiarsi in una cantina, nel terrore delle foibe. Ma fu soltanto dopo, quando il conflitto raggiunse con Milesovic i connotati più duri, che Giovanni racconta di aver subito la perdita più angosciante, quella della moglie. Una tragedia che ha aperto gli occhi del protagonista, il quale per la prima volta, assistendo all’esodo delle masse fuggiasche dalla ex-Jugoslavia, si è trovato davanti “i loro visi stravolti, le vesti consunte, il terrore negli occhi, i bambini e i vecchi sparuti, che avevano visto la morte dei loro cari, che erano scappati dalle prigioni e dalle terre lasciandosi dietro le case, le foto, gli oggetti cari e... i morti”. Una tragedia che ha spietatamente sconvolto l’anima del protagonista, che, pensando alla sua Svetlana, è riuscito per la prima volta a oltrepassare il velo delle illusioni che spesso la società occidentale ci cuce attorno, rendendosi conto, camminando per le strade di Sarajevo, di non aver mai guardato prima ai caduti “come a persone vive, che hanno amato, odiato, abitato case, lavorato, messo al mondo figli […] o persino li abbiano condotti a scuola, per dar loro una istruzione e imparare cosa sia la libertà e la dignità”. Un monito per il lettore, al quale lo stesso Giovanni denuncia il dramma che oggi sconvolge anche il Mar Mediterraneo, ormai sarcofago di uomini.


“Una cioccolata calda per due” non è un libro da leggere di fretta, ma da assaporare con calma, per dare il tempo al dolore di sedimentarsi sul proprio albero della memoria. Un libro che, nella sua versione aggiornata, riporta nelle ultime pagine anche una più attenta e puntuale analisi storica, attraverso l’introduzione di un terzo protagonista, che viene presentato come uno storico dell’Università di Trieste. Una raccolta di alcuni articoli selezionati dall’autrice consente poi ancora meglio di comprendere le origini e le sofferenze di un conflitto che venne descritto dal diplomatico delle Nazioni Unite Jean Kanaan, come il momento in cui si è assistito “al crollo di tutti i valori della civiltà”. Il libro si chiude con un corredo fotografico molto impattante e una poesia di Kemal Montero, “Sarajevo, amore mio”.


In conclusione, “Cioccolata calda per due” è un libro che si pone come obiettivo quello di insegnare come la libertà non sia solo un valore per il quale si è lottato nei libri di storia, ma un processo sempre vivo, a fondamento della dignità e del senso dell’uomo. Un libro che insegna ad emanciparsi, dunque, innanzitutto da se stessi.

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