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"Cinemamuto" in scena al San Ferdinando

Immagine del redattore: ComunicatiCulturaComunicatiCultura

Di Roberta Verde



Se si analizzano le candidature (e le relative vittorie) della recente edizione dei David di Donatello, si noterà come la presenza femminile nel mondo del cinema sia inferiore a quella maschile. Basti solo pensare che nella rosa dei candidati alla migliore regia, su cinque candidature solo una presenta una firma femminile (Alice Rohrwacher). Appare dunque chiaro come il peso delle donne nel cinema sia ancora troppo lieve e il loro tratto, seppur incisivo, sia condizionato da pregiudizi. La storia delle donne del cinema italiano sembra avere un andamento oscillante, il cui cuore pulsante risiede nella dimensione divistica, in quella avvolgente dialettica corporea che ha scritto le regole della bellezza. Moltissime però sono state le donne che hanno lavorato per il cinema e la loro presenza è testimoniata da quell’effimero passaggio nei crediti dei titoli di testa segnalato il più delle volte nella sezione del montaggio. Se si vuole analizzare solo il comparto regia, andando a ritroso nella storia del cinema e superando nomi prestigiosi come Wertmuller, Cavani e Mangini, si può arrivare agli inizi del Novecento e trovare il nome di Elvira Coda Notari. Nata a Cava de’ Tirreni, nel febbraio del 1875 Elvira Notari e stata la prima regista cinematografica italiana e una fra le primissime a livello internazionale: la sua curiosità per la nascente arte cinematografica (quando nacque ufficialmente il cinema la Notari era una ventenne) unita a uno spiccato spirito imprenditoriale le procurarono un successo senza precedenti durato quasi un trentennio e solo recentemente riscoperto. Le sue opere, quasi duecento film tra lungometraggi e cortometraggi di cui ci è giunto purtroppo pochissimo, sono un primo esempio di racconto neorealista. Sulla sua figura e sulla sua battaglia con la censura di regime è incentrato Cinemamuto, spettacolo firmato da Roberto Scarpetti in scena al Teatro San Ferdinando fino al prossimo 19 maggio. In scena Iaia Forte che interpreta Elvira e Andrea Renzi nei panni del censore Leone. L’opera, la cui regia è curata da Gianfranco Pannone, è ambientata in una stanza del Ministero dell’Interno dove, tra le proiezioni che scandiscono il passaggio dei mesi (si copre un arco temporale che va dal 1925 al 1927), la Notari e Leone si confrontano sulle loro divergenti visioni. Da una parte troviamo la Notari, portavoce di un’umanità dolente, che tenta disperatamente di difendere le sue opere, pregne di un sentimentalismo violento dove non sembra esserci spazio per la redenzione se non attraverso una morte catartica. Dall’altra c’è il fascismo, con i suoi codici morali e materiali improntati a una visione irrealistica dell’esistenza. A poco a poco i due protagonisti calano la maschera, scoprendo una inattesa comunione di intenti e di pensiero: Leone, infatti, essendo omosessuale subisce la stessa censura che tocca alle veraci pellicole della Notari. Il punto di forza del testo sta proprio nel raccontare con dovizia di particolari e con documenti d’epoca il complesso rapporto della regista con il fascismo, analizzandone chirurgicamente tutte le complesse sfumature; ma questo ne costituisce anche il punto di debolezza perché la narrazione non consente di capire fino in fondo l’importanza che ha rivestito la Notari nella storia del cinema. Non vengono, in sostanza, raccontate appieno le ricche vicende professionali (bastava qualche accenno in più) e questo, essendo la Notari un nome conosciuto soprattutto dagli esperti del settore, può costituire un problema. Le interpretazioni, benché validissime, hanno registrato alcuni momenti di incertezza. Geometricamente perfette le scenografie di Luigi Ferrigno e Sara Palmieri; interessanti le musiche di Giovanna Famulari. Indovinata la scelta di mostrare alcune sequenze tratte da produzioni della Notari o da film dell’epoca; questo ha reso l’esperienza spettatoriale più completa e coinvolgente e ha dimostrato come il cinema e il teatro, due dimensioni artistiche apparentemente agli antipodi, possano dialogare, creando inedite prospettive di visione.



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