Di Roberta Verde
Amanti, in scena al teatro Acacia di Napoli dal 26 gennaio al 4 febbraio, è la prima commedia di Ivan Cotroneo, prolifico scrittore, sceneggiatore e regista partenopeo. Come ha dichiarato egli stesso in una recente intervista, il teatro si è rivelato un inatteso e gratificante spazio d’espressione e la messa in scena della commedia, pulita, chiara e senza fronzoli lo dimostra perfettamente. L’aspetto più interessante di Amanti sta nella sua struttura ibrida, in cui la dimensione cinematografica entra di continuo. Insoliti e innovativi i titoli di testa che scorrono su un sottile pannello scuro, calato a ridosso del proscenio dopo un breve prologo in cui si racconta il primo incontro tra i due protagonisti. Questa quarta parete, quasi impalpabile, trasferisce lo spettatore nella quotidianità di Giulio e Claudia la cui storia d’amore è intrisa, soprattutto nel secondo atto, di una malinconica passione in cui vibrano le atmosfere romantiche di Un homme et une femme (tit. it. Un uomo, una donna, Claude Lelouch, 1966). Giulio (Massimiliano Gallo) è un insegnante e Claudia (Fabrizia Sacchi) una pediatra; entrambi stanno seguendo una terapia di coppia con la dottoressa Toffi (una straordinaria Orsetta De Rossi). Giulio sta vivendo una forte crisi con la moglie (Eleonora Rossi) e con i tre figli, da cui si sente oppresso mentre Claudia, innamorata di un uomo eccessivamente emotivo (Diego D’Elia), sta cercando di trovare un equilibrio rispetto al suo grande desiderio di maternità. Un fazzoletto di shakespeariana memoria è il motivo del fortuito incontro tra Giulio e Claudia che in poco tempo diventano amanti. Anche se i due fanno fatica ad ammetterlo, quella che stanno vivendo è più di una semplice e leggera avventura sessuale. Piano piano i due iniziano ad amarsi o, forse, a credere di amarsi. La loro felicità di coppia si realizza infatti solo nell’intimità della camera dove si incontrano, un’isola felice a cui si aggrappano per sfuggire al naufragio del loro vivere quotidiano. Dove li porterà questo amore? Alla felicità o alla conoscenza di sé? Sarà il pubblico a deciderlo, anche perchè il finale, in parte sospeso, lascia spazio a numerose interpretazioni. Il punto focale su cui si struttura tutta la narrazione sono i confronti, fisici e verbali, tra i due protagonisti che avvengono quasi sempre in un letto: bisogna riconoscere che Cotroneo è riuscito a raccontare l’intimità di un rapporto senza creare disagio negli spettatori. Né, tantomeno, una morbosa pulsione voyeuristica: gli occhi vedono solo Claudia e Giulio con i loro istinti e con le loro fragilità, che poi sono anche le nostre. Non mancano momenti ironici e divertenti, totalmente affidati alla bravura di Massimiliano Gallo, ormai rodato in ruoli di uomo medio che vive problemi relazionali con l’altro sesso. Notevole anche l’interpretazione della Sacchi, essenza di una femminilità contemporanea che cerca di liberarsi dalle inibizioni e dai pregiudizi imposti da una società ancora fortemente maschilista. Interessante la scenografia, che richiama lo stratagemma cinematografico dello split screen, ossia dello schermo diviso in due parti. Se le due ambientazioni (la camera d’albergo e lo studio della psicoterapeuta) per gran parte della commedia si configurano come due ambienti distinti e separati, verso il finale la linea di demarcazione viene progressivamente a mancare, esplicitando che le esperienze vissute nei due contesti sono ormai connesse al punto da influenzarsi a vicenda. Merita una riflessione a parte il commento sonoro, un lungo viaggio nella musica d’autore degli anni Sessanta che avvolge lo spettatore a sipario ancora chiuso immergendolo in un universo nostalgico, dove l’amore era poesia e libertà. Visto il più che positivo riscontro del pubblico, non resta che aspettare i nuovi lavori di Cotroneo; sempre secondo una recente dichiarazione, la sua prossima opera teatrale sarà un atto unico tutto declinato al femminile.
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